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Yom Hashoah: l’antisemitismo si combatte con la conoscenza e il pensiero

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«Dobbiamo ripensare a ciò che abbiamo fatto finora, perché il contesto attuale ci dice che qualcosa non ha funzionato. E per immaginare strategie diverse contro l’antisemitismo occorre ripartire dallo studio e dal pensiero, dal luogo della riflessione che è principalmente la scuola». Il preside Marco Camerini introduce la celebrazione a Scuola di Yom Hashoah, che si è svolta il 6 maggio alla presenza degli studenti, degli insegnanti, dell’Assessore alle Scuole Dalia Gubbay e di Rav Arbib, con un richiamo forte al valore della conoscenza per ricordare ma anche per combattere il pregiudizio. «Il dovere della memoria ricade sempre più su di noi e su di voi, perché per motivi anagrafici i testimoni diretti diminuiscono. Dobbiamo trasmettere e quindi comprendere ciò che è successo, trasformando poi questa comprensione in responsabilità attiva» dice Camerini.

Attualizzare la memoria

Suona la sirena, un minuto di silenzio in ricordo dei sei milioni di ebrei assassinati, come avviene in Israele. Prende la parola il professor Mino Chamla: «Siamo abituati a celebrare la memoria, ma adesso siamo costretti ad attualizzarla. In questo momento, di fronte alla mistificazione della storia cui stiamo assistendo, dobbiamo più che mai attivare la nostra coscienza e la nostra conoscenza, accompagnandole all’esercizio del pensiero. Ebraicamente la memoria deve essere stimolo alla vita e all’azione; ora ci vuole uno sforzo per contrastare la manipolazione. Chiamo gli studenti di questa Scuola, e noi tutti, a ripartire da conoscenze vere, che non si acquisiscono in una conferenza ma attraverso i libri e lo studio. Il momento lo impone. Alla manipolazione si risponde solo con l’intelligenza e il pensiero, e il pensiero si alimenta con la conoscenza, che non è uno schema o un riassunto trovato su internet, ma ben altra cosa».

Il video dei ragazzi sul viaggio ad Auschwitz

La celebrazione prosegue con il video girato dai ragazzi di quarta superiore sul loro recente viaggio ad Auschwitz: la visita alle baracche, ai forni crematori, alle camere a gas, il momento di preghiera comune. Una ragazza spiega che il video è una sintesi di quello che hanno visto, un modo per portare sempre con sé questa esperienza.

L’ultima generazione che può ascoltare i sopravvissuti

Interviene quindi Rav Simantov, che ha accompagnato i ragazzi nel viaggio: «Oggi la storia è forse fra le materie cui voi ragazzi siete meno interessati. Tutti siamo stati ragazzi e abbiamo sottovalutato certe materie, per poi magari studiarle più avanti, capendo che sono importanti. In materia di Shoah ci troviamo davanti un problema perché più andiamo avanti, meno materiale abbiamo. Al museo di Auschwitz abbiamo visto il mucchio dei capelli, impressionante. Ma dieci anni fa il mucchio era molto più alto, fra dieci sarà molto più basso e chissà cosa resterà tra 50 anni, quando ad andarci saranno i vostri figli. Oggi bisogna dedicare attenzione alla memoria e ascoltare le testimonianze, perché ormai ci sono pochissimi testimoni diretti. Voi siete l’ultima generazione che può ascoltare i sopravvissuti e sentirli dentro. In questo giorno dobbiamo anche riflettere su come possiamo – come potrete – tramandare la memoria nel modo più vivo ed emozionale possibile ai vostri figli».

Ognuno di noi deve fare qualcosa per combattere l’antisemitismo

Come da tradizione si accendono le candele della memoria. Sei ragazzi si avvicendano vicino al palco, ognuno accende un lume. Prende la parola Rav Arbib: «Questo Yom Hashoa è particolare, perché siamo in presenza di un’ondata di antisemitismo che ci ha colto di sorpresa. Cosa possiamo fare? Ci sentiamo inadeguati a combattere l’antisemitismo, ma nell’ebraismo questo non è possibile. Un passo dei Pirké Avot dice “nel posto in cui non c’è un uomo, devi provare a essere un uomo”. Significa che anche se io non sono la persona adatta, in questo momento ho il dovere di fare qualcosa. È il messaggio fondamentale di tutta la tradizione ebraica. Ognuno di noi deve fare una piccola cosa. La tradizione ebraica è la tradizione dei doveri. Cosa fare dunque? La prima cosa è capire cos’è l’antisemitismo. Sappiamo che un elemento fondamentale – basta sentire le interviste che vengono fatte agli studenti universitari – è l’ignoranza, che va combattuta con la conoscenza, come vi è stato detto. Purtroppo però non tutto l’antisemitismo è ignoranza, esiste anche l’odio gratuito. Spesso tendiamo a negare che ci sia un elemento emotivo nell’antisemitismo, vorremmo che tutto fosse razionale, ma non è così. L’irrazionale non si combatte con il razionale, dobbiamo prenderne atto e convivere con questo odio sperando che un giorno sparisca, ma senza illuderci troppo».

La reazione ebraica all’odio gratuito

Prosegue Rav Arbib: «Storicamente gli ebrei hanno reagito all’odio gratuito non sentendosi vittime – il ruolo della vittima è paralizzante – ma ricostruendo. Dopo la Shoah tutte le comunità ebraiche europee erano fatte da sopravvissuti che hanno ricostruito le comunità, le scuole, le sinagoghe e hanno ripreso a vivere. La reazione normale a quella tragedia immane poteva essere di disperazione e perdita di qualunque speranza, invece la reazione ebraica è stata quella di impegnarsi per ricostruire la vita ebraica, di non fermarsi al passato ma di costruire il futuro. Se siamo capaci di guardare al nostro passato, siamo anche in grado di guardare al nostro futuro. Voi avete questa responsabilità. E per costruire il futuro dovete guardare al passato con intelligenza, spirito critico, forza, partecipazione e sentimento».

Claralinda Miano

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