
L’uscita al cinema Ducale, a dicembre, è stata la prima attività organizzata dal team bullismo della Scuola per gli studenti delle superiori, che entrano così nel percorso educativo contro bullismo e cyberbullismo finora riservato a primaria e scuola media. Il percorso, di obbligo ministeriale, è cominciato alla Scuola Ebraica tre anni fa coinvolgendo le classi nel progetto del patentino per l’uso consapevole dello smartphone promosso da Comune di Milano, Municipio 6 e ATS.
Un’educazione continuativa
«Gli studenti che quest’anno frequentano la prima superiore sono i primi a essere stati formati negli anni precedenti; da questo momento, dunque, la formazione continuerà per loro, e per quelli che verranno dopo di loro, anche per tutti gli anni del liceo» spiega la docente Carla Sleiter, membro del team bullismo.
Un film su una storia vera
Come prima attività – perché altre ne seguiranno – è stata proposta la visione del film Il ragazzo dai pantaloni rosa, che racconta la storia (vera) di Andrea Spezzacatena, un adolescente romano vittima di bullismo e cyberbullismo per il suo modo di vestire “non allineato” che si tolse la vita nel 2012. Accompagnati dalle insegnanti Carla Sleiter e Rossella De Pas e dall’educatore Rocco Carta, gli studenti delle prime hanno visto il film in una sala a loro riservata.
La commozione e il dibattito
«Sono stati molto attenti» racconta Sleiter. «Il film era intenso, emozionante e commovente, vicino ai ragazzi per il contesto e le tematiche. Al termine della proiezione eravamo tutti commossi e abbiamo deciso, con l’approvazione della sicurezza, di tornare a Scuola a piedi per poter parlare a caldo del film. I ragazzi hanno discusso vivacemente fra loro e con noi, erano indignati per la violenza del branco e solidali con la vittima. Al rientro abbiamo chiesto loro di scrivere le loro riflessioni sul film». Eccone qualche stralcio.
Le riflessioni dei ragazzi
“Il significato di questo film è un argomento molto importante che dovrebbe servire a non far accadere ancora certe situazioni. Il film mi ha fatto emozionare un sacco perché pensare che una cosa del genere sia successa veramente mi rattrista molto”.
“Guardando il film ho provato tristezza e schifo: tristezza perché mi dispiace per la famiglia perché all’inizio si vedeva che erano felici; schifo perché purtroppo sono cose che succedono davvero ed è davvero brutto che non ci si possa vestire come si vuole e che non si possa esprimere liberamente il proprio orientamento sessuale. Il film può essere utile per tutti i giovani, per non far commettere loro lo stesso errore”.
“Il mio pensiero su questo film è molto forte: quello che ho provato già dall’inizio del film era un sentimento di tristezza. Ho subito pensato: questa cosa poteva capitare a me o ad altri miei amici. Da quel giorno cerco di stare più attento a tutto quello che dico e faccio”.
“Un film triste che ti fa pensare molto a quanto le persone possano essere crudeli. Questo film mi è piaciuto molto anche se mi ha spaventato perché Andrea non è l’unico che ha subito tutto questo; ci sono altre mille persone e nessuno se ne accorge”.
Affrontare argomenti più complessi
Obiettivo degli insegnanti è lavorare sull’ampliamento e consolidamento dei temi trattati alla primaria e poi alle medie; l’età dei ragazzi consente ora di affrontare argomenti più complessi, su cui loro sono in grado di riflettere. «Cominciamo quindi anche alle superiori un’attività educativa strutturata sul bullismo. Il prossimo passo è a gennaio un dibattito guidato con altre scuole dal titolo Essere e malessere» spiega Sleiter.
La collaborazione delle famiglie è necessaria
Il team bullismo vorrebbe poi coinvolgere anche i genitori, per formarli al contrasto del cyberbullismo magari con un incontro con la Polizia Postale: «Molti genitori aprono pagine Instagram per i figli piccoli, oppure non controllano il telefono e i social dei figli per rispetto della loro privacy senza rendersi conto che lì dentro potrebbe esserci di tutto. Per la legge, inoltre, i genitori sono responsabili dei contenuti postati o visionati dai figli fino alla loro maggiore età». La collaborazione con le famiglie, nell’educazione al contrasto a bullismo e cyberbullismo, è fondamentale.