La parola è uno strumento molto potente, che può creare ma anche distruggere. Quelle che rivolgiamo agli altri generano comportamenti e reazioni, ed è per questo che occorre essere consapevoli del loro peso per usarle in modo positivo. Questo il tema del progetto Abracadabra che ha coinvolto i bambini della quarta primaria in un ciclo di tre incontri svolti nel mese di maggio e sviluppati dal team degli insegnanti della primaria dopo la votazione positiva del Collegio docenti.
Un progetto pilota portato dall’estero
A raccontare Abracadabra è la morà Elinor Zabichi: «Il progetto educativo è nato durante il Covid, quando la comunicazione era limitata, nelle scuole ebraiche di Stati Uniti e Regno Unito: noi insegnanti ne siamo venuti a conoscenza proprio durante un seminario a Londra e abbiamo deciso di portarne una versione pilota anche alla Scuola Ebraica di Milano» spiega.
Parole positive e parole negative
«Abbiamo strutturato gli incontri con un lavoro di team di tutti i docenti della primaria, partendo dall’idea che Hashem ha creato il mondo con dieci frasi, utilizzando cioè le parole. Il primo step è stato dedicato dunque alla sensibilizzazione dei bambini sul potere della parola. Abbiamo spiegato, attraverso il gioco, la differenza fra le parole positive e quelle negative, chiedendo loro di ricordare frasi che gli sono state rivolte nell’infanzia e che ancora si portano dietro, e spiegando che l’essere umano è speciale rispetto agli animali proprio perché è l’unico capace di usare la parola», racconta la morà.
Le parole restano dentro di noi
Nel secondo incontro si è voluto fare capire ai bambini che le parole non si disperdono nel vento, ma restano dentro di noi: l’attività è stata pertanto quella di scrivere su post-it le frasi positive che sono state loro rivolte nel tempo e poi quelle negative. L’esercizio ha sortito l’effetto desiderato, perché si sono resi conto che è vero, le parole erano rimaste dentro di loro. «Abbiamo spiegato che anche il tono di voce e l’atteggiamento che accompagnano le parole hanno un peso e che è importante pensare, prima di parlare, se quello che si sta dicendo è vero, è utile e se lo si esprime in modo gentile» dice Elinor Zabichi. «Per esempio: come si fa a dire ‘la tua maglietta è sporca’ in modo gentile? Lo si dice solo se l’altro può porre rimedio, altrimenti rimarrà in imbarazzo tutta la giornata».
Le parole positive creano legami
«Le parole creano inoltre legami e comunità, e possono farlo se sono parole positive» continua la morà. «L’esercizio è stato dunque quello di trovare parole gentili da rivolgere ai compagni attraverso un gioco con uno spago che passava di mano in mano e post-it con le parole. Al termine del gioco si era creata una specie di ragnatela costellata di foglietti con le parole gentili che si erano rivolti, che abbiamo fissato su un cartellone appeso in classe».
La bacchetta magica delle parole gentili
L’ultima parte del progetto ha ripreso il tema della creazione di parole positive: «I bambini hanno scritto, ognuno su un cartoncino, tutte le parole gentili e positive che conoscevano in varie lingue» spiega la morà Elinor. «I cartoncini sono stati poi arrotolati come a formare delle bacchette magiche, con la magia delle parole gentili, che i bambini hanno portato a casa. Da qui il nome del progetto, Abracadabra, termine che sembra derivi dall’aramaico Avrah KaDabra che significa io creerò come parlo».
Abracadabra continua l’anno prossimo
Da questi incontri sono nati tanti spunti di riflessione con i bambini, che di per sé tendono a non dare troppo peso a quello che dicono né a immaginare che le parole hanno delle conseguenze. «Questo progetto pilota è andato bene, e l’anno prossimo il collegio docenti primaria ha votato per coinvolgere anche altre classi affinché tutti abbiano consapevolezza che le parole sono la base delle relazioni e che, se bene usate, possono costruire il mondo» conclude Elinor Zabichi.