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Yom HaShoah a Scuola, il testimone della memoria passa alle nuove generazioni

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«Quest’anno Yom Hashoah è una giornata particolare, perché per la prima volta abbiamo deciso di tenerne la commemorazione a Scuola. Voi, ragazzi, siete il futuro. Sappiamo che siete da poco tornati dal viaggio in Polonia e che siete molto coinvolti. Il testimone passa a voi». Così Susi Barki, vicepresidente dell’Associazione Figli della Shoah, ha aperto in un’Aula Magna gremita di studenti delle superiori e delle terze medie, numerosi genitori e il corpo docente, la cerimonia del ricordo dei milioni di ebrei che furono assassinati dai nazisti e dai loro sodali.

L’accensione delle sei candele

Come da tradizione, la cerimonia è cominciata con l’accensione di sei candele, una in memoria di ogni milione dei nostri fratelli assassinati. Ad accenderle sono stati chiamati Miriam Linken in ricordo della sua famiglia, Alberto Belli Paci per conto della mamma Liliana Segre, Nina Schulz per la sua famiglia, Davide Fiano per il nonno Nedo e il resto della famiglia, Rosanna Bauer per la mamma Goti e Gadi Schonheit per il papà Franco. Ognuno ha portato un ricordo dei propri morti esortando i ragazzi a sapere, capire e continuare a raccontare. I nomi dei morti scorrevano sullo schermo, talmente tanti da coprire tutta la cerimonia.

La responsabilità di ricordare e di continuare a costruire

Rav Arbib ha sottolineato che Yom HaShoah è una giornata di lutto e che lutto vuol dire provare a capire qualcosa di quella sofferenza immane. E anche se è impossibile per noi capirla veramente, dobbiamo almeno provare a consolare, con le nostre azioni e le nostre scelte. «L’antisemitismo non è cominciato né finito con la Shoah» ha detto. «Ma noi dobbiamo sapere di essere dei privilegiati che vivono in paese libero dove possiamo esprimerci ed essere ebrei. Non diamo per scontato che ci sia una Scuola ebraica, una Comunità ebraica, una democrazia. Non dimenticare significa anche apprezzare quello che abbiamo. E la Comunità che abbiamo è stata ricostruita dai sopravvissuti, che non sono stati sopraffatti. Abbiamo la responsabilità di ricordare, ma anche di fare in modo, attraverso le nostre piccole scelte di ogni giorno, che tutto ciò che è stato da loro ricostruito continui a esistere».

La Scuola: dalla riflessione all’impegno

Il preside Marco Camerini, di ritorno anch’egli dal viaggio in Polonia in cui ha accompagnato i ragazzi, ha raccontato come sia facile distorcere e insabbiare la Storia e i suoi episodi meno conosciuti, e come noi tutti si debba lavorare per continuare a fare emergere la verità. «È emblematico che quest’anno a Scuola allo studio facciano seguito le azioni. Gli studenti delle quarte superiori che hanno preso parte al viaggio hanno infatti ideato per questa commemorazione un intervento frutto della rielaborazione della loro esperienza della visita ad Auschwitz. È un segnale di come la riflessione e l’elaborazione si devono tradurre in impegno civile, nella Scuola e nella società».

Le parole profonde e toccanti dei ragazzi

I ragazzi delle quarte sono quindi saliti sul palco e alcuni hanno letto i propri testi, scritti all’indomani del ritorno dalla Polonia: parole profonde, toccanti, mai banali, con riflessioni sui più diversi aspetti che avevano colto e provato nel camminare nei viali di Auschwitz e nell’entrare nelle baracche. Riflessioni sui bambini nel campo, sull’amore nato nell’orrore, sul silenzio dell’angoscia, sul significato della parola Birkenau, “bosco di betulle”, quegli alberi possenti simbolo di vita che hanno assistito a tanta morte. Infine, tutti insieme, i ragazzi hanno intonato Vehi Sheamda, un passo dell’Hagadà di Pesach che racconta di come in tutte le generazioni vi sia chi cerca di distruggere gli ebrei e di come HaShem salvi il popolo ebraico. A conclusione della cerimonia, il Kaddish recitato da Rav Arbib.

Claralinda Miano

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Alberto Jona Falco

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