Per le classi della secondaria di primo grado le due giornate chol ha moed di Sukkot, a orario ridotto, sono trascorse in atmosfera festiva: niente lezioni, interrogazioni o verifiche, solo attività legate alla festa che si sono svolte sia in aula che in sukkà.
La mattina le classi si sono recate tutte insieme al tempio a recitare la tefillà completa, un’ora e mezzo che gli studenti hanno preso molto seriamente, attenti e concentrati. Successivamente in ogni classe si sono svolte attività diverse con i docenti: le prime, per esempio, hanno fatto una serie di giochi interamente condotti in inglese.
Poi, di nuovo tutti insieme, la merenda e i giochi in sukkà, seguiti nelle due giornate dagli interventi dei docenti. Il primo giorno il preside Marco Camerini ha parlato ai ragazzi del collegamento fra Kippur e Sukkot attraverso i loro simboli, lo shofar e il lulav. Mentre il lulav è dritto, e le quattro specie vegetali che lo compongono rappresentano l’unità del popolo di Israele, lo shofar è curvo, e può simboleggiare il fatto che a volte per sviluppare i talenti è necessario anche piegarsi, essere più umili e più flessibili.
Il secondo giorno Daniele Cohenca, docente di ebraismo, ha invece affrontato il tema dell’uguaglianza sotto la sukkà: non importa cosa si ha a casa, perché quando ci si trova nella sukkà si è tutti egualmente esposti al caldo, al freddo o alla pioggia. L’uguaglianza nella diversità, dunque, cioè la capacità di vivere insieme nonostante le precipue caratteristiche individuali. Infine Moshè Ovadia, insegnante di ebraico, ha portato in sukkà una grande cartina di Israele illustrando ai ragazzi la geografia del paese.