Famiglie di italiani tornati per Sukkot e rimaste bloccate, famiglie israeliane con parenti a Milano, famiglie israeliane scappate dal sud del paese: dal pogrom del 7 ottobre a oggi sono arrivati da Israele alla Scuola Ebraica di Milano più di 50 bambini e ragazzi di tutte le età – per un incremento del 16-17% del corpo studenti – con un impatto organizzativo, amministrativo, psicologico e umano di non facile gestione.
Richieste che aumentano di giorno in giorno
«All’inizio gli arrivi sembravano sporadici, ma ci siamo subito resi conto che le richieste di inserimento di ragazzi provenienti da Israele aumentavano di giorno in giorno» afferma Dalia Gubbay, assessore alle Scuole della Comunità che, insieme al segretario generale Alfonso Sassun, sta gestendo l’emergenza per accogliere tutti al meglio dando supporto a loro e alle famiglie.
Sono arrivati soprattutto bambini, la maggior parte bilingue
«I nuovi arrivati sono soprattutto bambini inseriti al nido (dove da 40 bambini si è passati a 50), all’infanzia e alla primaria», racconta Alfonso Sassun. «Alle medie contiamo 6 ragazzi e al momento due alle superiori, perché i più grandi sono organizzati con la didattica a distanza da Israele. La maggior parte di questi studenti sono bilingue o capiscono l’italiano, ma ce ne sono diversi che parlano solo ebraico. Cerchiamo dunque di inserirli in classi dove ci sia almeno una morà che parla ebraico», dice Sassun, «e se dovessero aumentare ancora stiamo pensando di costituire classi per loro per facilitarli con la lingua, magari prendendo altri spazi o piccole aule».
Il monitoraggio continuo delle necessità
La situazione è costantemente in divenire, con numeri che si aggiornano di giorno in giorno, e la Comunità ha quindi deciso di affidare a Gubbay e Sassun il colloquio di prima accoglienza con le famiglie, cui forniscono tutte le informazioni utili; le famiglie sono poi indirizzate ai coordinatori dei vari ordini, che si occupano di informare i docenti e le classi e di introdurre i nuovi studenti. Settimanalmente, Gubbay e Sassun si incontrano con il preside e i coordinatori per gli aggiornamenti e il monitoraggio delle esigenze: per esempio, nell’ultima riunione è emerso che soprattutto alla primaria sono necessarie più ore di mediazione linguistica, e pertanto la Fondazione Scuola, che finanzia il progetto, aumenterà il contributo relativo.
La Scuola accoglie tutti
Come in ogni emergenza, all’inizio c’è stata un po’ di confusione su vari temi, dal tempo di permanenza minimo richiesto al pagamento delle rette: «Fraintendimenti presto risolti» dice Dalia Gubbay «perché la Scuola accoglie tutti per il tempo che desiderano e per le ore che desiderano; anche in tema di rette siamo molto elastici, ognuno paga quello che può, e se non può pagare perché non ha più niente – abbiamo storie molto complesse – non paga».
I due principali nodi da sciogliere
Le problematiche da risolvere sono soprattutto due: visti e iscrizione effettiva: «Gli studenti con solo passaporto israeliano sono in Italia con un visto turistico che dura tre mesi» spiega Sassun. «Al momento non hanno lo status di profughi e non c’è nessun accordo fra Israele e i paesi europei su questo tema. Siamo quindi in costante contatto con l’Ambasciata di Israele per capire come muoverci». Il secondo tema è quello che coinvolge gli studenti dalla primaria in su. «Al momento li stiamo introducendo come studenti uditori, cioè ospiti, perché non sappiamo quanto rimarranno» continua Sassun. «Ciò significa che non partecipano alle verifiche, non hanno voti e non progrediscono nel percorso scolastico, nonostante frequentino la Scuola. Ufficialmente non risultano quindi presenti né qui né in Israele, rischiando di perdere l’anno. Anche su questo tema stiamo dialogando con l’Ambasciata, perché se, come temiamo, la guerra sarà lunga, occorre trovare una soluzione che consenta a questi ragazzi di ottenere il titolo di studio». L’aspetto assicurativo è stato risolto, per lo meno nell’immediato, con l’estensione assicurativa per 80 nuovi studenti fino alla fine dell’anno, specifica Sassun.
Il sostegno psicologico
Un aspetto fondamentale è quello del sostegno psicologico in un momento difficilissimo per tutti: la Scuola ha già preso contatti con un centro specializzato in psicologia dell’emergenza, insieme al quale sta mettendo a punto un progetto di supporto che partirà a breve coinvolgendo studenti, docenti e famiglie.
La riconoscenza delle famiglie e la festa in programma
Bambini e ragazzi della Scuola hanno accolto bene i nuovi arrivati, anche nelle classi dove ora un quarto degli studenti arriva da Israele. «Le famiglie ci sono poi molto riconoscenti, hanno capito che la Comunità c’è e ci ringraziano con messaggi commoventi» racconta Dalia Gubbay. «Per noi è il minimo che possiamo fare e, anzi, attenua il nostro senso di impotenza verso ciò che succede in Israele. A questo proposito la Scuola organizza domenica 5 novembre una grande festa, con pranzo e tante attività, dedicata alle famiglie che arrivano da Israele, in modo da fare sentire loro calore e vicinanza».