Giochi con animatori, lo spettacolo di un mago, il carretto dello zucchero filato e dei popcorn, una truccatrice, tavoli per disegnare, partite di ping pong e un grande buffet: non è mancato nulla di ciò che occorre per fare trascorrere ai bambini arrivati da Israele e alle loro famiglie una domenica di serenità insieme ai loro coetanei italiani, dimenticando per un momento la guerra. La giornata organizzata dalla Comunità negli spazi della Scuola per trasmettere vicinanza e solidarietà alle famiglie israeliane è stata davvero un successo: circa 400 i presenti, fra adulti e bambini, che dalla tarda mattinata si sono trattenuti fino al pomeriggio inoltrato.
L’impegno della Comunità e della Scuola
La giornata è cominciata in Aula Magna con i saluti dei rappresentanti della Comunità, che hanno dato un caloroso benvenuto a tutti confermando il proprio impegno nell’accogliere al meglio i circa 50 studenti israeliani arrivati nelle ultime settimane a Scuola: «Grazie per averci dato l’opportunità di aiutarvi, vi auguriamo di poter tornare a casa al più presto» ha detto Dalia Gubbay, assessore alle Scuole; «Stiamo facendo il massimo per integrare tutti, dal nido al liceo, perché i vostri figli sono anche i nostri figli» ha affermato il segretario generale Alfonso Sassun. «Non vi stiamo facendo un regalo, è nostro dovere aiutarvi» ha ribadito il presidente della Comunità Walker Meghnagi; «Non siete nostri ospiti; fino a quando lo vorrete questa sarà la vostra Comunità» ha fatto eco il vicepresidente Ilan Boni. «Avremmo voluto avervi qui in circostanze diverse, in tutta Italia le Comunità stanno aiutando le famiglie e i loro bambini» ha ricordato Milo Hasbani, vicepresidente Ucei. «Cerchiamo di stare insieme con gioia e trasformare questo momento di crisi in un progetto per un futuro migliore» ha concluso il preside Marco Camerini.
Uno sforzo comune di solidarietà
Alla giornata hanno contribuito in molti: l’animazione è stata offerta dal KKL, la truccatrice dall’Adei Wizo, i ragazzi dei movimenti giovanili Hashomer Hatzair e Bene Akiva hanno fatto giochi con i bambini e balli israeliani, i catering Pellegrini, Denzel, Tuv Tam, Carmel, My Café, Noam, Baghetto, Kosher Pradise e JoyFood hanno offerto il sontuoso buffet, Doron e Lea Cohen lo zucchero filato e i popcorn. Uno sforzo comune di solidarietà che ha colpito molto le famiglie israeliane.
Le testimonianze di chi è arrivato da Israele
RIKI
«Siamo stati accolti meravigliosamente» dice Riki, mamma di tre bambini che non parlano l’italiano («ma stanno imparando in fretta») inseriti rispettivamente al nido, in prima e in seconda elementare. «Viviamo a Rishon Lezion, e dopo cinque giorni di missili e di grande paura abbiamo deciso di venire in Italia perché mio marito è italiano, ma mai mi sarei aspettata un’accoglienza così dalla Comunità e dalla Scuola. Ci avete scaldato il cuore».
DANIELA
Daniela, di Tel Aviv, con mamma italiana, non ha invece ancora iscritto a Scuola i tre figli di 9, 7 e 5 anni: «Siamo partiti perché l’ansia era tanta, e vivevamo ogni giorno come fosse l’ultimo. Mio marito è rimasto in Israele e sta servendo come riservista. Non sappiamo quanto rimarremo, ma visto che la Scuola accoglie tutti anche per periodi brevi sono qui oggi per valutare l’iscrizione dei miei figli.
GADI
Fra i tanti partecipanti incontriamo anche Gadi, milanese, ex allievo della Scuola, che da cinque anni vive con la moglie inglese e le figlie di 4 e 2 anni a Tel Aviv: «Siamo venuti a Milano con il volo d’emergenza dell’aeronautica Militare Italiana il martedì successivo al 7 ottobre. Eravamo molto spaventati, e un paese in guerra non è un buon posto per i bambini. Le nostre figlie parlano italiano, le abbiamo mandate subito a Scuola, al nido e all’infanzia, si trovano benissimo e siamo molto contenti dell’accoglienza. Noi lavoriamo da remoto, speriamo di poter tornare a casa fra un paio di settimane».
SHIMI
Shimi invece non ha nessuna ascendenza italiana: «Abitiamo a Merkaz Shapira, vicino ad Ashkelon, non volevamo andarcene ma abbiamo capito che dovevamo farlo per i bambini. Siamo venuti a Milano perché mia sorella abita qui da tre anni. I miei figli non parlano italiano, perciò per il momento seguono le lezioni da Israele via zoom, ma siamo felici di essere qui».
GIULIA
Giulia, milanese, vive a Tel Aviv ed è tornata a Milano l’8 ottobre con Adam, il figlio di 3 anni: «Mio marito è di Holit, uno dei kibbutzim attaccati da Hamas. La sua famiglia è salva, ma abbiamo capito in fretta che ci sarebbe stata la guerra. La Scuola mi ha aiutato a inserire subito Adam all’infanzia, parla italiano e dal primo giorno si è trovato molto bene. Mio marito è in Israele a miluim, noi staremo ancora un po’ qui».
LA FAMIGLIA DI KIBBUTZNIKIM
C’è anche una famiglia israeliana con due bambini scappata da uno dei kibbutzim distrutti da Hamas con un’esperienza traumatica alle spalle. I bambini non vogliono andare a scuola, sono ancora troppo spaventati. La mamma, paziente oncologica, è stata mandata a Milano dall’ospedale di Tel Hashomer per continuare le cure allo IEO. «Non so dirvi quanto la Comunità e la Scuola ci abbiano aiutato, fatto sentire a casa e meno soli» dice lei. «È un po’ come avere mamma e papà accanto quando si è lontani. Non ho parole per ringraziarvi, perché con tutto quello che stiamo passando sentire l’affetto, il calore, il sostegno e l’aiuto di un’intera Comunità ci ha fatto bene all’anima. Che la Comunità e la Scuola accolgano tutti quelli che scappano dalla guerra mi sembra un miracolo e davvero vi ringraziamo dal più profondo del cuore».