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Come funziona il sistema giuridico in Israele, dove anche l’architettura è simbolica: una lezione della professoressa Claudia Mazzucato

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È un sistema giuridico complesso, quello di Israele, che riflette la complessità della società in uno Stato che non ha una Costituzione scritta e che pure è una delle democrazie più vivaci del mondo. La lezione che Claudia Mazzucato, professoressa associata di Diritto penale all’Università Cattolica di Milano, ha tenuto agli studenti del triennio superiore a metà marzo, ha offerto una panoramica di questa complessità, soffermandosi in particolare sulle “leggi base” dello Stato e sul ruolo della Corte Suprema. E il titolo della lezione, Geometrie della giustizia: “linee” del sistema giuridico di Israele, era già programmatico del riferimento all’edificio che ospita la Corte Suprema, la cui architettura è di per sé una teoria della legge e della giustizia.

Il concetto portante della democrazia: la separazione dei poteri

La professoressa Mazzuccato, che porta regolarmente i suoi studenti in Israele per far loro conoscere le peculiarità del suo sistema giuridico, ha cominciato spiegando ai ragazzi il concetto fondamentale della separazione dei poteri, base della democrazia: «Nel Settecento, epoca in cui non esisteva la democrazia, alcuni intellettuali hanno cominciato a teorizzare che, per evitare che lo Stato schiacciasse i cittadini, il potere sovrano non dovesse appartenere solo a un soggetto, ma fosse diviso con un sistema di pesi e contrappesi. Pertanto, nelle democrazie di oggi il potere sovrano dello Stato si divide in potere legislativo, potere esecutivo e potere giudiziario. Il potere legislativo appartiene al Parlamento, l’organo eletto dal popolo che rappresenta sia la maggioranza che la minoranza».

La democrazia è rispetto della minoranza

«Attenzione ragazzi», ha affermato la docente, «ricordatevi sempre che una democrazia non si misura solo sul fatto che si decide a maggioranza, ma che si decide a maggioranza rispettando le minoranze. Se le minoranze sono calpestate c’è il rischio che la maggioranza diventi autoritaria. Il potere esecutivo, cioè il Governo, rappresenta la maggioranza che vince le elezioni, cioè una parte sola. Il potere giudiziario è invece delicatissimo; non solo fa rispettare la legge, ma è l’unico potere che, applicando la legge, può privarci della libertà. La polizia ci può togliere la libertà solo in casi eccezionali e per un tempo limitato: nell’arco di poche ore o pochi giorni dobbiamo infatti comparire davanti a un giudice, perché il giudice è indipendente dal potere politico e non prende ordini dal Governo».

La Costituzione di Israele sono la Dichiarazione di indipendenza e le “leggi base”

Chiarito questo aspetto fondamentale, la professoressa Mazzucato ha spiegato che la caratteristica dei paesi democratici è quella di avere una Costituzione: in Italia è quella entrata in vigore nel 1948, dopo la guerra e la proclamazione della Repubblica. In Israele, invece, non c’è una Costituzione vera e propria, bensì le “leggi base”, cioè le leggi fondamentali dello Stato su cui si fonda l’ordinamento giuridico. «Al momento della fondazione di Israele c’era l’idea di scrivere la Costituzione, è detto chiaramente nella Dichiarazione di indipendenza firmata da Ben Gurion. Però questa Costituzione hanno deciso di scriverla “a pezzetti” emanando le leggi base, che sono quindi i principi di una Costituzione che viene scritta progressivamente» ha detto la docente. «La Dichiarazione di indipendenza contiene un paragrafo che indica i principi guida, i valori fondamentali dello Stato di Israele cui si devono ispirare il legislatore e tutte le istituzioni, inclusi governo e magistratura. È un documento straordinariamente interessante dal punto di vista giuridico, dove si afferma che Israele sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia, sulla pace, sull’uguaglianza dei diritti sociali e politici di tutti i suoi abitanti senza distinzioni e che sarà il custode dei luoghi santi delle religioni abramitiche. Ciò significa che quando la Knesset legifera deve attenersi a questi principi, così come la magistratura quando giudica. Questa parte della Dichiarazione di indipendenza e le leggi base sono considerate come una Costituzione» spiega Mazzucato.

Le leggi base sui diritti fondamentali

Fra le leggi base ce ne sono due che riguardano i diritti fondamentali dell’individuo: la prima, emanata nel 1992, si riferisce alla dignità e libertà dell’individuo; la seconda, del 1994, stabilisce la libertà dei cittadini di scegliere la propria professione o lavoro. «Queste due leggi base trattano delle libertà e dei diritti fondamentali dei cittadini: la Corte Suprema ha stabilito che hanno un valore giuridico superiore alle altre leggi, un valore che vincola il resto dell’ordinamento giuridico» afferma la docente.

La creazione progressiva del sistema giuridico

«Il sistema giuridico di Israele è affascinante anche sotto un altro aspetto: poiché è uno Stato giovane, al momento della fondazione hanno dovuto utilizzare le leggi che già c’erano, cioè quelle ereditate dal diritto Ottomano e dal diritto inglese del Mandato britannico. Progressivamente la Knesset ha adottato leggi che hanno reciso quell’antica eredità, anche perché Israele doveva essere una delle democrazie più avanzate del pianeta e governare una società estremamente complessa e diversificata. La sfida è stata avere costruito un sistema giuridico progressivamente, eliminando il retaggio oscurantista del passato».

Il ruolo e le funzioni della Corte Suprema di Israele

Stabilito che in Israele c’è una Costituzione non scritta, Mazzucato ha introdotto la figura della Corte Suprema, il massimo potere giudiziario dello Stato. «La Corte Suprema nello Stato di Israele è composta da 15 membri di nomina presidenziale che rimangono in carica fino ai 70 anni. La Corte ha una triplice funzione: Corte Costituzionale, cioè giudice delle leggi; Corte di Cassazione, cioè giudice di ultima istanza; Corte d’Appello di ultima istanza per tutte le cause gestite dalle altre giurisdizioni». La prima funzione implica che la Corte Suprema può giudicare le leggi emanate dalla Knesset e opporvisi quando vanno contro i principi stabiliti dalla Dichiarazione d’indipendenza o dalle leggi base. «Israele è uno stato di diritto, come l’Italia, cioè uno Stato dove l’autorità si sottomette alla legge e ai principi superiori. L’autorità quindi non può fare quello che vuole, perché è al servizio dei cittadini e delle loro libertà fondamentali. La Corte Suprema è il giudice che garantisce quei principi e libertà. In Italia, per esempio, le questioni di costituzionalità possono essere sollevate soltanto da un giudice, mentre in Israele chiunque può rivolgersi alla Corte Suprema, anche cittadini non israeliani».

Le leggi sui diritti fondamentali valgono più delle leggi ordinarie

La Corte Suprema ha via via stabilito che alcune leggi base, per esempio quelle sui diritti fondamentali, valessero più delle leggi ordinarie. Quindi la Knesset non può abolire, abrogare, eliminare una libertà fondamentale, perché interverrebbe la Corte a impedirlo. Inoltre, attraverso le sue decisioni, la Corte garantisce che il sistema giuridico funzioni entro quei principi. «E tradurre i principi di libertà, pace, giustizia per tutti senza discriminazioni nella vita quotidiana di un paese moderno, avanzato, complesso, che si trova geopoliticamente in un luogo del mondo tra i più difficili e drammatici di tutto il pianeta, pone difficoltà enormi» riflette Claudia Mazzucato.

Perché migliaia di isrealiani hanno manifestato a favore della Corte Suprema

«Cosa è successo nell’ultimo anno, prima del 7 ottobre, per provocare massicce manifestazioni di cittadini per mesi? Che il governo in carica ha proposto, e la Knesset stava per adottare, un emendamento proprio a queste leggi base fondamentali che introduceva un ostacolo al controllo da parte della Corte Suprema sulla ragionevolezza delle scelte del Parlamento» racconta Mazzucato. «Tutte le Corti Costituzionali del mondo, anche la nostra, hanno questo principio di valutazione della ragionevolezza, cioè possono può dire che una legge è contraria alla Costituzione quando quella legge è irragionevole, per esempio quando introduce un privilegio che non ha giustificazioni».

Il pronunciamento della Corte sull’emendamento del Governo

La Corte Suprema di Israele si è riunita per la prima volta in seduta plenaria, perché il tema era fondamentale per l’ordinamento dello Stato, e si è pronunciata il 1° gennaio di quest’anno. Il pronunciamento è stato chiaro: la Corte Suprema è competente a decidere sia della compatibilità delle leggi con i principi fondamentali sia delle modifiche alle leggi base; in via eccezionale, può intervenire anche sulle decisioni del Parlamento, quando queste deviano dai principi fondamentali. Nel pronunciamento è insita l’idea che non basta decidere a maggioranza per essere democratici: si conferma quindi un limite al potere del Parlamento, che nemmeno a maggioranza può fare quello che vuole se ciò significa togliere o limitare un diritto fondamentale. La Corte ha inoltre rigettato la proposta di modificare la legge base sui diritti fondamentali, che avrebbe eliminato la possibilità per la Corte stessa di valutare se le scelte della Knesset sono ragionevoli o irragionevoli. È chiaro che la Corte deve usare con parsimonia e cautela questo controllo sul Parlamento, ma questo vale dappertutto, anche da noi».

I casi su cui la Corte è chiamata a pronunciarsi

La casistica della Corte Suprema di Israele è unica al mondo, ha spiegato la professoressa. Su istanza di alcuni cittadini i giudici hanno dovuto decidere, per esempio, se le rabbine donne riformate avessero il diritto di pregare al Kotel nello stesso spazio riservato agli uomini. Hanno deciso che ci debba essere una parte per gli uomini, una per le donne e una mista e oggi, nella parte sotterranea del Kotel, c’è la parte mista. «Poi c’è la giurisprudenza sul tema del conflitto. Per esempio la Corte ha modificato il tracciato del muro di sicurezza che separa Israele dalla Cisgiordania sulla base del principio che il muro deve avere esclusivamente una funzione di protezione della vita delle persone, non una funzione politica. Perciò hanno dato ragione a un’organizzazione israeliana attenta ai diritti dei palestinesi e il tracciato del muro è stato cambiato per conservare alcuni uliveti che altrimenti sarebbero stati rasi al suolo, perché non c’era nessuna ragione di sicurezza per espandere il tracciato del muro».

L’architettura come simbolo della concezione di legge e giustizia

Un ultimo aspetto interessante citato dalla professoressa Mazzucato riguardo alla Corte Suprema di Israele è l’edificio di Gerusalemme che la ospita. Ha mostrato ai ragazzi diverse foto, da lei stessa scattate, dalle quali emergevano geometrie ricorrenti di linee dritte e linee curve. «Le linee dritte della legge, le linee curve della giustizia» ha commentato. «La legge è generale e astratta, deve essere dritta. La giustizia invece è concreta e deve sapersi incurvare, perché le storie delle persone non sono mai dritte. Le ingiustizie non sono dritte, bisogna raddrizzarle ma non è così semplice, perché non si cancellano. L’unica cosa che possiamo cambiare non è il passato, ma il futuro, evitando che certe ingiustizie si ripetano. Proprio l’ebraismo ci insegna che bisogna avere la memoria del male e del bene, dei Giusti che hanno salvato l’umanità dalle tenebre e del buio che avrebbe potuto impossessarsi dell’umanità» ha spiegato. «L’edificio della Corte Suprema è dunque costruito intorno a questa idea geniale della linea dritta, cioè della legge che deve indicare il comportamento in modo chiaro, e la linea curva della giustizia, perché giudicare non può essere un lavoro di spada come invece esiste nell’iconografia della giustizia nel 99% delle corti del resto del mondo. Infine, il tema della luce: un intero lato dell’edificio è completamente trasparente e si affaccia sulla città, perché l’esercizio della giustizia deve farsi vedere, non deve essere nascosto. E sopra le teste dei giudici c’è un cerchio di vetro da cui entra la luce, una luce straordinariamente forte che deve illuminare la capacità di piegare la legge per fare giustizia».

Claralinda Miano

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Alberto Jona Falco

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