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Alla primaria il percorso di educazione all’affettività per crescere con consapevolezza

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C’è un’età in cui le domande iniziano ad arrivare, magari sotto forma di sorrisi imbarazzati, risatine e curiosità non sempre facili da nominare. È proprio da qui che è partito il percorso di educazione all’affettività e alla sessualità proposto alle classi quinte della primaria, pensato per accompagnare i bambini in una fase di passaggio delicata, con parole adeguate, ascolto e strumenti adatti all’età. Il corso si è articolato in quattro incontri, costruiti come un cammino graduale di sensibilizzazione: dall’esplorazione delle emozioni e delle relazioni fino alla conoscenza del corpo e dei suoi cambiamenti, grazie alla collaborazione con le specialiste del Consultorio della Clinica Mangiagalli.

Il significato dell’affettività

Il primo incontro è stato condotto dalla psicologa scolastica Isabella Ippoliti e ha posto le basi del percorso, concentrandosi sull’aspetto affettivo e relazionale. «Prima ancora delle spiegazioni “tecniche”, era importante partire dai loro pensieri e dalle loro emozioni: capire che cosa intendono per affetto, che idea hanno delle relazioni e di ciò che sta cambiando dentro di loro», spiega Ippoliti. Attraverso un brainstorming e un lavoro individuale, i bambini sono stati invitati a riflettere sul significato dell’affettività nella vita quotidiana: il rapporto con la famiglia, con le figure adulte di riferimento, con i compagni. È emersa l’importanza del legame e del sentirsi accolti, ma anche le prime forme di attrazione, raccontate talvolta con timidezza. «Queste sollecitazioni li hanno fatti molto sorridere e riflettere su cosa significa essere attratto dall’altro. Si sono fatti coinvolgere, perché sono molto curiosi e percepiscono che qualcosa sta cambiando», osserva la psicologa.

Parlare di emozioni

Il lavoro proposto da Ippoliti ha dato spazio all’espressione personale: disegni, parole chiave, riflessioni scritte che i bambini hanno poi scelto se condividere o meno con il gruppo. Un esercizio che ha richiesto tempo e delicatezza, soprattutto per chi faceva più fatica a esporsi. «Non sono abituati a parlare di sé davanti alla classe: per questo è stato importante rispettare i loro silenzi tanto quanto le loro parole», racconta. Alcuni hanno preferito affidare i propri pensieri alla scrittura, altri sono stati più disponibili al confronto aperto. L’attenzione si è concentrata sul concetto di relazione: l’affetto come vicinanza, come cura, come desiderio di stare con l’altro. Si è parlato anche di innamoramento e di attrazione fisica, intesa in modo non sessualizzato ma come esperienza corporea ed emotiva: il tremore, la voglia di avvicinarsi. «A questa età l’attrazione è ancora molto pulita, passa dal tenersi per mano o dallo stare vicino. È importante legittimare queste sensazioni senza caricarle di significati che non appartengono ai bambini», sottolinea Ippoliti.

La conoscenza del corpo

Questo primo livello di lavoro ha preparato il terreno agli incontri successivi, più tecnico-scientifici, condotti dalle professioniste del Consultorio della Mangiagalli: la dottoressa Sarah Salmona insieme alla psicologa Daniela Seregni e a un’educatrice. In classe e poi direttamente in Consultorio, i bambini hanno approfondito la conoscenza del corpo umano e dell’apparato riproduttivo e imparato che esiste un luogo aperto a tutti dove, quando saranno più grandi, potranno ricevere ascolto e risposte alle loro domande. Le spiegazioni sono state sempre calibrate sull’età, con un linguaggio chiaro e scientifico, capace di rispondere alle curiosità senza creare allarmismi. Accanto all’anatomia, le specialiste hanno lavorato sulle emozioni legate ai cambiamenti del corpo, aiutando i bambini a riconoscerle e a normalizzarle. Attività pratiche e giochi hanno favorito il confronto: dalla realizzazione delle sagome del corpo umano alle discussioni sulle differenze tra maschi e femmine, fino al riconoscimento di ciò che appartiene alla biologia e ciò che è invece costruzione culturale.

Domande anonime, risposte condivise

Un ruolo centrale nel percorso è stato svolto dalla “scatola delle domande”, uno strumento che ha permesso ai bambini di esprimere dubbi e curiosità in forma anonima. Le domande, spesso molto specifiche, hanno riguardato termini scientifici, aspetti del funzionamento del corpo e temi più ampi, come l’identità di genere. Nell’ultimo incontro, a Scuola, le professioniste hanno risposto in modo diretto e non giudicante, restituendo ai bambini un’immagine della sessualità come qualcosa di cui si può parlare. L’intero percorso ha infatti intrecciato dimensione emotiva e conoscenza scientifica accompagnando i bambini in un’esperienza di consapevolezza che ha lasciato il segno nei loro racconti e nei lavori prodotti.

Claralinda Miano

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Alberto Jona Falco

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