Grande partecipazione e attenzione nelle classi della secondaria di primo grado per le attività proposte in occasione del Giorno della Memoria. A condurle è stata Rossella De Pas, la docente che l’anno scorso ha ideato il progetto Shoah, conclusosi a Yom Hashoah con una bellissima mostra dove gli studenti hanno fatto da guide a compagni e genitori.
In prima una conversazione partecipata
«Per ogni livello delle medie ho impostato le attività per il Giorno della Memoria affinché fossero adatte all’età dei ragazzi» racconta De Pas. In prima il tema si affronta in modo più semplice: la docente ha proiettato un video di dieci minuti che spiegava la ricorrenza e il suo significato e che riportava i due articoli della legge istitutiva. Il video ha suscitato il vivo interesse degli studenti. «È una classe molto sveglia e molto attiva, che ha fatto moltissime domande, sempre pertinenti» commenta De Pas. «Dal primo articolo della legge i ragazzi hanno capito che il Giorno è dedicato non solo ai morti della Shoah, ma anche agli oppositori del piano di sterminio. Ciò ha introdotto il tema dei Giusti, dei quali abbiamo parlato e discusso. Tutto si è svolto in modo interattivo dove i ragazzi hanno condiviso le loro conoscenze sull’argomento o raccontato se ne parlavano in famiglia, in una conversazione molto fluida e molto partecipata».
Nelle seconde un lavoro sull’aspetto emotivo
Nelle seconde l’insegnante ha coinvolto l’educatore Rocco Carta, molto amato dai ragazzi, che ha visitato Auschwitz con i ragazzi delle superiori e che della sua esperienza di quel viaggio ha scritto un brano contenuto nel volume del 2022 Vite spezzate, edito da Calibano. L’idea era che la docente affrontasse il significato storico del Giorno della Memoria e l’educatore lavorasse sull’aspetto emotivo con la sua testimonianza. «Le seconde erano ben preparate sull’argomento. Sono classi difficili, ma ci hanno sorpreso in positivo per l’attenzione e la partecipazione» dice Rossella De Pas. «Ho mostrato loro il video e abbiamo collegato il Giorno della Memoria a Yom Hashoah, ragionando sull’importanza di una ricorrenza internazionale, nata in Germania nel 1996, recepita dall’ONU e istituita in Italia nel 2000». Rocco Carta ha quindi letto il brano da lui scritto e risposto alle numerose domande dei ragazzi».
La poesia di Primo Levi con l’insegnante di spagnolo
Il lavoro delle seconde è proseguito con Francesca Caputo, insegnante di spagnolo che quel giorno ha dedicato la sua lezione alla Memoria. «I ragazzi mi hanno raccontato cosa avevano fatto con la professoressa De Pas e qualcuno ha detto che i propri bisnonni erano stati ad Auschwitz», racconta Caputo. «Ho quindi chiesto loro se conoscevano la poesia di Primo Levi in apertura di Se questo è un uomo, e nessuno la conosceva. L’ho proiettata sulla lavagna elettronica e l’abbiamo letta insieme. Ho cominciato a spiegarla, ma poi sono andati avanti i ragazzi, perché la poesia è molto bella e molto comprensibile. Ci siamo soffermati su cosa significa “per un sì o per un no” e cosa “come le rane d’inverno”, per poi affrontare il tema dei numeri tatuati sul braccio in una bellissima riflessione comune». In una delle due seconde l’insegnante ha dettato la poesia: ognuno dei ragazzi l’ha scritta su un foglio e molti, commossi, l’hanno portata a casa per appenderla nella propria camera.
In terza due ore di approfondimento
In terza il lavoro è stato un po’ più approfondito. «Gli studenti sono più maturi e più abituati all’analisi del testo. Ho quindi chiesto loro di leggere i due articoli di legge istitutivi del Giorno della Memoria, soffermandoci su ogni parola per capirne bene il peso e il significato» spiega De Pas. «Rocco Carta ha letto il brano della sua testimonianza del viaggio ad Auschwitz e un altro brano del libro che si intitola Graffi, dove l’autore parla della sua esperienza all’interno della camera gas di Auschwitz. Abbiamo poi visto un’intervista a Primo Levi, raccontando ai ragazzi del suo suicidio, del quale sono rimasti molto colpiti vista la tranquillità con cui rispondeva alle domande nell’intervista». L’insegnante ha poi chiesto agli studenti se parlassero della Shoah in famiglia. «La maggior parte sembra che non ne parli. E questo rafforza il ruolo e la responsabilità della Scuola nel tramandare ciò che è stato».